ITALIAN MUSIC WEBZINE SINCE 2013

REPORT – Il racconto del Primavera Sound 2016
a cura di Jack Malombra
Mentre critici da Social Network domani si sveglieranno ancora in casa loro scrivendo cose poco carine sui fan dei Radiohead, io preparo la valigia e parto con qualche amico in macchina verso Barcellona per il Primavera Sound Festival.
Percorrere 2.500 km con tutte quelle aspettative non è facile, ci domandiamo stravolti di emozione cosa ci aspetterà quest’anno, e tra una pausa in autostop, un pieno, un panino e un caffè, arriviamo il giorno gratuito in tempo per sentire i GOAT: rock sperimentale con due cantanti mascherate che ballano in maniera bizzarra e creano uno spettacolo davvero energico e simpatico. A seguire iniziano gli SUEDE e qui devo ammetterlo, non sono mai stato un amante del Brit Pop, è una scena musicale che non mi ha mai comunicato molto, posso immaginare però che per i fan abbiano fatto un live pazzesco, dinamico, pieno di vecchi successi alternati con qualche pezzo del nuovo album “Night Thoughts”, finito il suo concerto, torniamo a casa pronti ad iniziare realmente il Primavera Sound.
Il primo giorno ci presentiamo a Parc Del Forum estremamente presto perché alle 16.00 inizia in Auditori il live di ALESSANDRO CORTINI: romagnolo trasferito negli Stati Uniti e diventato poi il tastierista dei Nine Inch Nails, in solitaria al festival presenta il suo progetto elettronico, usciamo dall’Auditori soddisfatti, orgogliosi e a passo spedito, il tempo di metabolizzare e stiamo già correndo verso il palco Ray Ban per gli AUTUMN COMETS: una band spagnola post rock che ci regala un live che non si poteva proprio perdere.
Il festival ormai sappiamo regala scelte difficili che rovinano le amicizie e corse degne di Forrest Gump tra un palco all’altro, così iniziamo a correre per non perdere su uno dei due palchi principali l’inizio degli ALGIERS: forse la novità migliore tra quelle presentate quest’anno, Algiers mescolano un beat elettronico con un cantato soul e qualche momento di musica sperimentale, davvero ottimi.
A seguire ci spostiamo sul piccolissimo palco Nightpro per l’inizio dei TINY FINGERS: band strumentale davvero ottima, per essere forse il palco più piccolo del festival la presenza e la risposta del pubblico è stata incredibilmente positiva.
Siamo arrivati alle 20.00 e iniziano i DAUGHTER: il palco che gli è stato dato forse è troppo grande per loro, la magia e l’intimità che creano, dal vivo un po’ si è persa, ma l’imbarazzo spontaneo e genuino della cantante per il successo inatteso ha compensato lo scoglio tecnico.
Il live degli AIR era uno dei più attesi di quest’anno e non ci hanno delusi, proprio no, dopo il loro live sul palco opposto iniziano gli EXPLOSIONS IN THE SKY che per i fan del post-rock hanno messo in piedi uno spettacolo imperdibile.
A quest’ora della notte (il sole era già calato sugli Air) dobbiamo scegliere se restare tra i due palchi principali per i TAME IMPALA o risalire al palco Primavera per il maestro JOHN CARPENTER, a cuor non si comanda e saliamo di corsa dal maestro (lo so che non è percepibile da una recensione, ma sì, il Primavera Sound è uno sport completo).
Il regista che ha fatto la storia degli horror movies ci sorprende, nonostante l’uscita dei due dischi, esegue solo due pezzi dei suoi album lasciando spazio alle colonne sonore dei suoi film (con relative proiezioni) per tutto il resto del concerto.
Dopo tutta quest’inquietudine si raccolgono le energie per scatenarci sugli LCD SOUNDSYSTEM: live estremamente divertente, tutti i membri della band sembravano divertirsi come pazzi.
Cosa puoi pretendere dopo una giornata del genere? I BATTLES: balliamo ancora con la loro musica incredibilmente allegra.
Prima di lasciare il parco e iniziare la lunga, faticosa ed estenuante strada verso casa facciamo una capatina al palco Adidas per sentire il live dei WHITE REAPER: per gli amanti del punk, un live gustoso, certo è che dopo un giorno ed una notte a ballare, correre ed emozionarsi, forse concludere con qualcosa di così rumoroso e distorto non è stato il massimo.
Il secondo giorno di festival ci siamo ripromessi di non viverlo come una grande attesa per i Radiohead e poi il vuoto, così arriviamo presto al festival e iniziamo in Auditori con il live del pianista più veloce al mondo LUBOMYR MELNYK: l’emozione è già alta e capiamo subito che anche oggi non sarà una giornata emotivamente facile, restiamo nei pressi dello stesso palco per CABARET VOLTAIRE di cui è rimasto solo il leader che propone un live di musica elettronica con sonorità oscure e new wave, considerando che in Auditori si sta seduti è stato incredibile vedere gli spettatori alzarsi e riunirsi sui corridoi più larghi per ballare insieme.
La prima corsa della giornata consiste nel fare dal palco esterno al palco Heineken per le SAVAGES a live iniziato: la cantante fa stage diving e canta in mezzo alle prime file, live adrenalinico.
C’è del tempo prima dei Radiohead ed è lecito voler arrivare un po’ prima sotto il palco, quindi ci intratteniamo con NUVEN: dj dal Brasile che propone un live di elettronica chill out che viviamo con il sole che tramonta sul mare seduti sui gradoni, per poi scappare sotto il palco in tempo per la band più acclamata del momento.
RADIOHEAD devastanti presentano una parte del disco nuovo, suonano per due ore e ci ripropongono una serie di gemme rare capaci di sciogliere anche i più snob che si rifiutano di ascoltarli perchè “tanto li ascoltano tutti, sono una moda”, tra una “No Surprises” e una “Karma Police” passando per “Paranoid Android”, “Idioteque” e “Myxomatosis”, Thom York e band chiudono con “Creep”, lasciando l’arduo compito di intrattenerci agli ANIMAL COLLECTIVE che con un palco e una sonorità estremamente variopinti fanno uno spettacolo degno di accogliere il nostro maremoto emotivo.
A questo punto decidiamo di alternare buona parte del live elettronico dei KIASMOS a quello dei BEACH HOUSE di cui sono rimasto a tratti deluso, la loro musica è fantastica ma oggettivamente dal vivo sono un po’ monotoni.
Chiudiamo la giornata ascoltando il djset degli AVALANCHES e ballando le ultime ore con DJ KOZE.
Arriviamo dunque all’ultimo giorno, dopo l’inizio in Auditori dei primi due giorni oggi ci lanciamo direttamente sotto il palco Primavera per il noise punk scatenato dei BOREDOMS, talmente folle che per riprenderci scendiamo al palco Adidas per le U.S. GIRLS: un live estremamente deludenti, due cantanti che cantavano sulle basi delle loro canzoni, buono il progetto su disco ma poco coinvolgente.
Quindi torniamo al primavera per gli AUTOLUX: Pussy’s Dead uscito quest’anno è un gran disco e il loro live è veramente energico e coinvolgente ma dopo un pomeriggio passato a fare i rockers andiamo in Auditori per i CURRENT 93 che più che un live fanno un vero e proprio spettacolo, atmosfere cupe e interpretazioni coinvolgente bravi, ma usciamo di corsa per raggiungere il palco su cui si esibirà l’artista che aspettavo da tutto il primavera: PJ HARVEY.
Polly Jean si presenta con una banda sul palco mimetizzata tra loro, con in mano un sassofono, il live è di classe, presenta buona parte dell’album nuovo e qualche pezzo storico, la magia che creano gli ottoni e i fiati presenti sul palco conquista l’intero Primavera Sound e questo è solo l’inizio della nottata, dopo di lei rimbalziamo tra i due palchi per SIGUR ROS e MODERAT, in poche parole dopo aver pianto per la bellezza islandese tutt’altro che glaciale ci siamo messi a ballare come pazzi (no, attorno a noi su “New Error” cantava “Felicità” di Albano per fortuna).
L’ultimo live vero e proprio che ci aspetta è quello di PANTHA DU PRINCE che gustiamo seduti sui gradoni del palco Ray Ban.
Dalla stessa posizione vediamo l’omaggio a Bowie di DJ COCO, finite le lacrime (e disidratati direi) chiudiamo ballando un po’ sotto il palco di DJ RICHARD. In realtà non è finita qui, vista la nostalgia che stava già iniziando a fare parte di noi dalla mattina stessa andiamo in città a tirarci su con INKY e MUDHONEY poiché non eravamo abbastanza stanchi. Un po’ nostalgici torniamo (sempre in macchina) in Italia, con la promessa di esserci di nuovo l’anno prossimo.