REPORT – Le stelle hanno brillato nella notte di Astro Festival a Ferrara

a cura di Luca Tarantini

Ad una settimana di distanza, a mente lucida, possiamo affermare senza alcun dubbio che Astro festival è stato, come d’altronde in precedenza pronosticato, un evento davvero incredibile. Sotto ogni punto di vista. Ferrara ha visto per una notte il proprio fiore all’occhiello, piazza Castello e il cortile degli Estensi, brillare di una luce ancora più splendente tra sonorità surreali a fare da colonna sonora. E’ stato tutto perfetto. Massimo ordine e precisione organizzativa hanno permesso di valorizzare le già conclamate potenzialità del festival. La musica ha fatto il resto.

Arrivare in centro a Ferrara, costeggiare le mura del fossato a pelo d’acqua ed essere già nel bel mezzo del festival è stata la prima parentesi esilarante della serata. Nessuna coda interminabile, anzi, le file scorrevano celeri, una seconda piacevole sorpresa. Una volta all’interno, con un cielo smorzato da un tramonto incerto  e un clima caldo ed accogliente, nel cortile degli Estensi era già all’opera il talento nostrano Jolly Mare, fresco dell’uscita del suo LP Mechanics‘. Una performance intrisa di sentimentalismi nostalgici, ridondante di reminescenze italo-disco e del cantautorato made in Italy, ha accompagnato il dancefloor con melodie calde e suoni tra  l’ acustico e l’elettronica, una disco raffinata e soprattutto contemporanea, portando così l’immaginario collettivo verso spiagge assolate dai groove leggiadri, come con il tanto atteso disco ‘ Hotel Riviera’, che più di tutti sembra dar vita a questa pretesa.

Alla fine della performance, di corsa, un fiume di gente si sposta dal cortile Estense a piazza Castello, è il momento di Floating Points accompagnato dalla sua band. E’ stata una esibizione ‘catartica’, un vero e proprio viaggio astrale nel suo universo musicale con la rielaborazione del suo disco Eleania a tal punto da sembrare qualcos’altro. Basso, chitarra e batteria ad affiancare i suoi virtuosismi quasi ‘neuroscientifici’ che difficilmente non arrivano al cuore e alla mente di chi ascolta, anzi molto più alla mente. Nel frattempo è calato il buio accompagnato dalla luce di quelle poche stelle che in cielo assieme a vortici e fasci di luce fanno da contorno ad una esperienza carica di psichedelia danzante e sopraffina, valore aggiunto del musicista-scienziato originario di Manchester. Nota largamente positiva di tutto il festival è il giusto spazio dato ad ogni performance, evitando che si accavallassero, come succede spesso nei festival dotati di più stage, lasciando così al pubblico la tranquillità dell’ascolto.

Ed ecco che dopo il live di Floating Points, tutti ancora in cortile per il live dei Junior Boys. A differenza di molti altri ascoltatori, possiamo dirvi che il duo canadese ci ha particolarmente impressionato, come d’altronde il loro nuovo album Big Black Coat, un progetto ricco e pretenzioso, ben strutturato che corre su una sottile linea tra Pop, dance ed elettronica, sonorità che siamo già abituati a sentire, ma con rifiniture nuove, galoppanti e pregne di carica emotiva capace di spiegare il loro panorama sonoro. Poi che dir si voglia, ci hanno fatto ballare spianando la strada al live successivo, il più atteso. E’ arrivato,infatti, il momento di Caribou, con piazza Castello gremita il gruppo canadese in tuta bianca parte alla grande,accompagnati da visual e luci stratosferiche, passando in rassegna il loro intero repertorio. Tra loop ipnotici e ripartenze progressive la band ha trascinato il dancefloor nel loro mondo, nella loro musica raggiungendo,a tratti, con esso la simbiosi  come nel momento in cui hanno suonato Our Love, nel puro visibilio dei fan. Non hanno deluso le aspettative, d’altronde non ci aspettavamo che lo facessero, hanno letteralmente ‘spaccato’ con vortici sonori come in occasione di Can’t do without you o come nel momento indimenticabile della chiusura con la sempre fantastica, ma a tratti irriconoscibile, Sun. Per il nostro amato Caribou è stato un bagno di applausi, per i fan una esperienza superlativa, il giusto do ut des che dovrebbe sempre essere presente in una live performance di questo calibro, ancora grazie. Ma il bello è che la ‘festa’ non era ancora terminata. Dopo qualche minuto di interruzione e preparazione ecco che sul palco sbuca lui, l’eclettico talento inglese Four Tet, a lui è stato lasciato il timone per l’ultimo set del festival. Ed è stata subito festa! Bassi ridondanti, vocal latineggianti, in un climax musicale a cassa dritta. Il dancefloor saltava letteralmente ad ogni stacco e ad ogni repentina ripartenza, dischi scomposti e ricomposti con grande maestria, fino a diventare irriconoscibili, per poi esplodere come mine sul pavimento, come nel momento in cui ha suonato Nuthing Wrong del leggendario Tyree Cooper. Un set, il suo, molto diverso da quello che è stato il concept che ha attraversato l’intero festival, ma che con la sua carica ci ha trascinati stremati a fine serata, grazie, quindi, anche a te caro Four Tet. Non possiamo dire altro se non che è stato un evento super!

Non vediamo l’ora che altri ‘astri’ atterrino su Ferrara. E quindi arrivederci e al prossimo anno, caro Astro festival.