Dieci anni di Coexist: l’album degli XX che non dimenticheremo

A cura di Luigi Lupo

Sono passati dieci anni. Anzi, sono volati. Da quando Romy Madley-Croft, Oliver Sim e Jamie xx pubblicarono il loro secondo album, l’acclamato “Coexist”. Ora si apprestano a ristamparlo in un’edizione limitata in vinile e una in digitale, impreziosita dalle registrazioni dal vivo di quattro brani estratti da quello che passa alla storia della musica come il lavoro della definitiva consacrazione del trio. Che ora viaggia da solo: Romy si esibisce in dj-set – di recente ha solcato il palco del “Club to Club“, Olivers Sim espande i suoi vocal soul in varie collaborazioni, Jamie XX fa ballare i festival di tutto il mondo.


Nel 2012 gli XX, uniti, arrivavano dopo l’omonimo esordio discografico, uscito nel 2009. L’album, con in copertina l’ormai iconica X bianca su sfondo nero, si apriva con le delicate evoluzioni di chitarrine shoegaze di “Intro”, rievocata in più di un occasione in spot pubblicitari, trasmissioni televisive, film. E poi i campanellini di VCR e quella voce, soffusa ed eterea di Romy, una Rachel Goswell degli anni Duemila, le melodiche e irresistibili Crystalised e Islands. L’esordio degli XX non ha bisogno di ulteriori dettagli.


Dal 2009 all’uscita del sophomore album passano tre anni, tempo necessario a confezionare un’altra perla. La X si colora, tra l’arcobaleno e l’oscurità, quasi ad anticipare la traccia iniziale, la spirituale, romantica, carezzevole “Angels”. In “Chained” la mano di Jamie XX costruisce un tappeto quasi 2step – ma con basso e batteria – che sostiene arpeggi di chitarra da sogno mentre Oliver e Romy duettano che è una meraviglia. Sempre sintonizzati sulle onde di un romanticismo complicato, emblema della caducità delle relazioni in un periodo di incertezze.

Coexist” è l’album dei millenial. Un ragazzino oggi non lo ascolterebbe. Forse nel loro secondo lavoro mancano le hit da ricordare, suonare, cantare. Ma ci sono costruzioni pregevoli: il basso coniato dai club di Reunion che abbraccia calorosamente gli arpeggi di chitarrina. Soffusa, fumosa, come se lo shoegaze avesse perso un po’ di carica e si fosse rinchiuso in casa, davanti al camino, la celebre “Sunset”. Danzereccia con una melodia e un giro di chitarre e basso che non si dimenticano facilmente.
Come tutto “Coexist” che spegne dieci candeline e ci ricorda quanto calore, tepore e docili introspezioni ci abbiano regalato gli XX.