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INTERVISTA – Alex Neri annuncia due album dei Planet Funk nel 2019
a cura di Luigi Lupo e Gigi Salvemini
Alex Neri è una delle icone italiane della musica club e elettronica. Dj, produttore ma soprattutto fondatore e componente dei Planet Funk, gruppo che ha scritto la storia della musica elettronica italiana dal 1998. Recentemente è uscito il suo ultimo album da solista, ma Alex Neri ha anche annunciato importanti novità per il 2019. Ecco l’intervista in esclusiva per Doyoulike.org
Oltre al ritorno dei Planet Funk, è in arrivo il tuo nuovo album solista. Cosa ascolteremo?
“È la prima volta in tanti anni di carriera che decido di fare una cosa per conto mio. Sono sempre stato accompagnato dal mio socio storico con il quale ho fatto più o meno tutto che è Marco Baroni ma questa volta avevo l’intenzione di misurarmi da solo e quindi ho deciso di fare questo album proprio come solista in tutti i sensi. Non ho fatto un disco dance o da club. O meglio anche. Fondamentalmente è un album molto vario dove si ascolterà un po di tutto ovviamente sempre appartenente al mondo della musica elettronica.”
Hai vissuto un’epoca differente delle discoteche e dei club. Come è cambiata la figura dei dj e, in un momento in cui le tracce sono facilmente disponibili a tutti in streaming, che ruolo hanno i party?
“Secondo me è bene dire che oggi è un po’ difficile parlare di dj. Bisogna un po’ distinguere quello che è secondo me il dj e quello che oggi è considerato questo mestiere: secondo me sono due cose completamente diverse da quello che ho vissuto io negli anni 80-90. Un grande cambiamento è dovuto alla tecnologia che ha permesso un po’ a chiunque di poter ambire a diventare un dj. Quando si usavano i vinili, si trattava di una professione un po’ più difficile mentre oggi è accessibile quasi a tutti. Il fatto che il mestiere del dj sia diventato un po’ un trend o una moda, ha cambiato inevitabilmente quello che è il club nel mondo di oggi. Credo però che la grande evoluzione in senso negativo che ha coinvolto il clubbing derivi dalla grande confusione che c’è stata tra quelli che sono i festival e quelli che sono i club. La maggior parte dei club offre una programmazione e gestisce i party allo stesso modo in cui operano i grandi Festival. E questo è un grande errore. Io credo che i club debbano dare la giusta importanza ai DJ ma anche a tutti i restanti aspetti che caratterizzano l’esperienza: dal bar al suono, dagli amici ai DJ Resident fino a tutta una serie di cose che rendevano il club importante. Si spera che ci sia un ritorno un po’ a quello che era il nostro modo di fare clubbing. Ma non perché io sia un romantico o un affezionato a un certo periodo. Avverto il bisogno di ripartire da quelle che sono state proprio le origine del clubbing.”
Dalla caduta dei supporti fisici allo streaming, come è cambiato l’ascolto di musica e con quali conseguenze per i musicisti?
“Sicuramente tutti quelli che fanno musica non passano un bel periodo. I dischi si vendono meno. Ma grazie allo streaming la musica è più fruibile e ha maggiore diffusione in diverse parti del mondo. Ci sono i pro e i contro. Non si percepisce più il vero valore della musica che è ormai alla mercé di tutti. Soprattutto con l’arrivo del 5G, sarà tutto in streaming. Ne deriva un danno economico ma anche una grande confusione. Non c’è una barriera tra vecchio e nuovo e nemmeno un filtro, nessuna figura fidata che distingue le uscite. Basta andare sul profilo Spotify di un’artista per trovare tutta la sua carriera artistica o la parte che la piattaforma ha possibilità di diffondere. Ma è anche giusto andare avanti, accettare il cambiamento. Questo aspetto ha ridato importanza alle performance: oggi gli artisti guadagnano dai live e dai dj-set.”
A vent’anni di distanza dalla nascita, i Planet Funk, dopo aver affrontato un brutto periodo, sono pronti a tornare sulla scena discografica?
“In realtà noi abbiamo iniziato a scrivere un album. Poi purtroppo, a causa della malattia di un nostro socio (Sergio Della Monica, ndr) che è scomparso lo scorso anno, si è interrotto tutto il processo. La morte di un compagno crea inevitabilmente problemi all’interno di un gruppo. Comunque siamo riusciti ad andare avanti, anche in suo onore, e a fine giugno usciremo con un nuovo album. La mole di musica era così tanta che pubblicheremo a fine dicembre un secondo disco. Saranno quindi due album entro la fine del 2019. “
Si è parlato di un disco di tendenza italo-disco. Ci confermi questa influenza?
“Sì ma bisogna contare che l’italo-disco è da sempre la principale influenza dei Planet Funk. Siamo stati, non con presunzione, gli inventori di un suono che ci ha fatto distinguere anche all’estero. Stiamo ripartendo da dove tutto è iniziato. Saremo meno indie rispetto agli ultimi anni perché un gruppo, soprattutto come il nostro, composto da produttori, passa attraverso varie tentazioni. Dopo numerosi passaggi, anche dalle parti dell’indie-rock, nei nuovi due album torneremo all’elettronica. Tornerà Dan Black, la voce del nostro esordio discografia, e anche alcuni featuring importanti, anche italiani, pescati dal panorama contemporanei. Siamo aperti alle tendenze del momento: ci definiamo ‘progressisti’.”
Tornate a pubblicare musica in un periodo dominato in Italia dall’it-pop e dalla trap. Come vi ponete in questo contesto?
“Di buono c’è che la trap comunica il disagio dei giovani d’oggi mentre molti cantanti italiani pop non fanno. Si limitano a scrivere robe scontate in cui i ragazzini non si rispecchiano. Ed è questo l’aspetto che rende il genere popolare tra i giovani. Stesso discorso per il cantautorato indie. Sono contento che gente come Calcutta abbia raggiunto questo successo perché ha rinnovato la musica italiana. Un aspetto positivo della tecnologia, si tratta, infatti, di progetti nati e esplosi grazie a Spotify e a YouTube.”
Vi vedremo in tour?
“Iniziamo quest’estate con un dj-set in formato trio – io, Marco Baroni e Dan Black alla voce – molto particolare. Nel periodo autunno-inverno, proporremo un live completo e aperto. “