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INTERVISTA – Distanze e viaggi, il mondo di CRLN
a cura di Luigi Lupo
CRLN è una giovane cantautrice (classe ’93) originaria di San Benedetto del Tronto, un’artista dal sound internazionale in bilico tra indie pop, soul ed elettronica. Il suo primo EP “Caroline” è stato registrato ai Macro Beats Studio di Milano, prodotto interamente da Macro Marco con il supporto del producer Gheesa, dei polistrumentisti Ulisse Minati e Mirko Onofrio (Brunori SAS) e del bassista Roberto Dragonetti (Ghemon), con una preziosa incursione del ”golden boy” dell’elettronica italiana Yakamoto Kotzuga nella traccia “Un viaggio senza fine”. Un debutto importante che cerca di scardinare i tradizionali canoni del pop italiano pur rimanendo fedele ad una certa tradizione melodica, con uno stile assolutamente personale e una naturalezza disarmante per un esordiente.
– Come nasce il progetto CLRN? Come ti senti ad essere la prima voce femminile del roster di MACRO BEATS?
Il progetto è nato il giorno in cui Macro Marco mi ha comunicato di volermi in Macro Beats. Dopo un mio periodo di “assestamento mentale” abbiamo iniziato a produrre e si è formato pian piano tutto l’EP.Sono davvero felice di essere entrata a far parte di questa big family.
– Quali sono gli ascolti che hanno influenzato la nascita di Caroline, primo EP?
I miei ascolti durante i mesi di creazione dell’EP mi hanno aiutato principalmente ad entrare nella modalità giusta per scrivere pezzi di quel tipo. Diciamo che il mio EP ha cercato di seguire in qualche modo il mood di Mecna, Chet Faker, Shlohmo, Daughter, Levante e Bonobo.
– Come è nata la collaborazione con Yakamoto Kotzuga nel brano “Un viaggio senza fine”?
Ho sentito la strumentale di Yakamoto Kotzuga per caso, grazie a Macro. “Un viaggio senza fine” mi è uscita di getto nel giro di poche ore, ed è stato un bel modo per liberarmi da tutto il casino che avevo in testa in quel momento.
– Tema ricorrente è quello del viaggio, dei luoghi e delle distanze? E’ nata viaggiando l’ispirazione?
Si parla di viaggio in senso più metaforico. Diciamo che è stato più un viaggio interiore. Berlino Est per esempio è il pezzo che sembrerebbe riferirsi a un viaggio e invece si parla di una guerra fredda, di una guerra interiore senza armi, senza scoppi. Ogni pezzo è nato perché avevo bisogno di farlo nascere e avevo gli strumenti giusti per farlo poi crescere.
– Sei “davvero portata a pensare male” come “qualcosa insito nel tuo modo di fare e di essere” come canti in “Distanze”?
Si, se l’ho scritto nel testo è perché sono davvero così. “Distanze” è il brano che più sento mio. Racconta della distanza tra me e il resto del mondo, che si crea purtroppo anche a causa dei miei modi di fare e di pensare. Per fortuna “sono quella che sorride quando dentro non c’è luce”, quindi spesso e volentieri non lo do a vedere.
– In ambito italiano, si sta registrando l’aumento di progetti che uniscono il cantautorato all’elettronica. Ne segui qualcuno in particolare?
In verità no. Di cantautorato italiano ascolto molto poco. Ho notato però che molte band che erano tendenti all’indie rock, sono passate ad avere uno stampo più elettronico e mi ha fatto piacere. Tra queste c’è L’orso che, con l’ultimo album “Un luogo sicuro” prodotto da Cosmo, ha lasciato a casa le chitarre dando spazio a suoni più elettronici e bei campionamenti. Anche i Cani hanno inserito molti riferimenti elettronici mischiando cantautorato ed elettronica. Comunque tendo sempre ad ascoltare più musica in inglese. Infatti, anche se non canta in italiano, mi sento in dovere di menzionare una ragazza italiana che sto seguendo molto e che con l’elettronica c’entra parecchio: si chiama L I M, ed è uscita ora con il suo EP “Comet”, che mi ha letteralmente lasciato a bocca aperta. Ascoltando molto gli XX, per me è un piacere scoprire e ascoltare questo genere di musica specialmente se prodotto nel mio paese.
foto di Ciro Galluccio
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