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INTERVISTA – Raffaele Costantino e Musical Box: “Fare radio è fantasia e condivisione”
a cura di Luigi Lupo
Ogni giorno, dal lunedì al giovedì, sintonizzarsi su Radio Rai 2 alle 23 sembra quasi entrare in un’aula dove si insegna musica. Si ascolta con la voglia di apprendere, conoscere, scoprire o rivivere il meglio della musica fuori dal mainstream. Merito di Musical Box e di Raffaele Costantino, voce di un format che attraversa in musica il mondo da Detroit a Londra passando per l’Africa e ogni latitudine del pianeta. E lo fa con lo spirito della radio, con un racconto che narra ed emoziona. Con tanti focus, approfondimenti, consigli per i concerti: è un’ora da dedicare ad un ascolto rilassato ma mai banale. Tutto ciò è frutto della grande cultura musicale di Costantino e dei suoi compagni di viaggio: Federico Scoppio in regia, Matteo Strada in redazione per un programma a cura di Angela Zamparelli.
Abbiamo intervistato Raffaele Costantino
Cosa significa per te fare radio? E quale dovrebbe essere il ruolo di un format radiofonico come “Musical Box” nel periodo dominato dall’ascolto sul web, a volte distratto e poco impegnato?
Per me fare radio vuol dire fantasia, consapevolezza e condivisione. Tutti elementi che possono coesistere nel web e nella radio. La radio , soprattutto quella di stato, a differenza del web, ti da una credibilità istituzionale. Nel senso che se le istituzioni culturali di questo paese ti pagano per diffondere un messaggio, ha qualche valore in più di quando lo fai volontariamente sul tuo blog. Questo chiaramente non vuol dire che sul blog o su una playlist Spotify non puoi fare comunque un ottimo lavoro, per carità.
Cosa pensi del panorama radiofonico italiano? E come è cambiato, se in positivo e negativo, l’ambiente della critica musicale con la diffusione di migliaia di webzine?(mi rifaccio a un tuo recente post su Facebook)
Il panorama radiofonico Italiano non esiste. Esiste la Rai con programmi di approfondimento ed intrattenimento grazie al cielo. E poi esistono le radio commerciali che sono tutte uguali, quindi non un vero e proprio panorama ma una pianura infinita e vuota. Il problema siamo noi, gli ascoltatori. Siamo noi che in milioni ascoltiamo “RTL” che suona Marco Mengoni. L’ambiente della critica musicale non è un ambiente che conosco molto, anzi diciamo che evito di frequentarlo.
Ma con la rete, i blog, etc mi sembra tutto più democratico quindi ne sono un sostenitore, assolutamente. Meglio un blogger di 20 anni che scrive con la passione e l’ingenuità di chi si crede sul “New york Times”, che i quarantenni cinici come me.
Come nasce la tua passione per la musica? Quali sono stati i tuoi primi ascolti? Elencaci 5 album.
La pssione per la musica è nata perchè mi piaceva fare il dj alle feste a 15 anni ma anche perchè al piano di sopra della mia casa in costruzione in Calabria mio padre aveva dato una stanza a dei ragazzi che la usavano come sala prove ed io andavo lì ogni giorno. Poi perchè i miei amici più grandi mi passavano grandi dischi quindi a 16 anni avevo molta più consapevolezza musicale di tutti i miei coetanei.
Io a differenza loro iniziavo a conoscere il jazz, il blues, la musica africana,etc. I 5 dischi non me li ricordo, forse qualcosa dei Led Zeppelin e dei Doors, Miles Davis ( ma solo perché faceva figo ascoltarlo, non perchè ci capissi davvero qualcosa all’epoca) e tanto hip hop.
Musical Box offre ampio spazio alle varie sfaccettature della musica elettronica. E alle contaminazioni. Ti sembra, quello che stiamo vivendo, un ottimo periodo per la sperimentazione, per l’incontro tra generi e stili differenti? Come giudichi il “suono contemporaneo”? C’è davvero innovazione o si continua a riportare in luce atmosfere del passato?
La questione è darwiniana, l’evoluzione non può non tener conto del passato. Quindi è fondamentale sedimentare in noi il vecchio per poi essere pronti a qualcosa di nuovo. Purtroppo molti si accomodano su quel vecchio divano e non si alzano più e questo fa male al livello intelettuale della nostra specie di ascoltatori di musica.
Spesso sei in giro per festival e appuntamenti musicali e culturali. La realtà italiana, a proposito di grandi manifestazioni musicali, come si presenta? roBOT, Club to Club, Spring Attitude sono eccellenze?
Sono eccellenze in Italia, ma purtroppo nulla di paragonabile con quello che succede in giro per il mondo. Nè per numeri, ne per livello di organizzazione, ne per peso politico nella società in cui si sviluppano, ne per cultura dell’ospitalità. Quest’ultimo è il problema più grande. Mentre invece sono allo stesso livello per quanto riguarda l’entusiasmo che ci mettono.
Ognuno poi con risultati diversi. Personalmente non sono un amante dei capannoni, quindi continuo ad invitare i miei amici organizzatori di festival a pensare a scelte più sartoriali rispetto alla realtà in cui vivono, piuttosto che provare a dare la brutta copia dei grandi festival europei, che per dirla tutta, sono anche supportati da istituzioni lungimiranti non da politici con la clava come i nostri.