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REPORT – La Luce al buio: #C2C18, il Club to Club come simbolo della club culture italiana e, forse, qualcosa di più
a cura di Luca Tarantini
È già passato qualche giorno dalla fine di Club to club 2018, e in quel di Torino, ma senza dubbio in tutta Italia e non solo, è il momento di tirare le somme di quello che per certi aspetti è l’evento italiano più atteso ed acclamato dell’anno. Quattro giorni di musica, 50 artisti nazionali ed internazionali, location esemplari come il Lingotto e la Reggia Venaria, molti eventi collaterali come ad esempio “DIGGIN’ IN THE CARTS” presso la Tettoia dei Contadini del Mercato di Porta Palazzo ed una città in totale fermento che ha segnato 60.000 presenze nelle oltre 50 ore di musica e programmazione.
Una maggiore età quella di Club to Club che segna una maturità avanzata, una consapevolezza e una voglia di superarsi portata oltre l’asticella della sperimentazione, oltre le ‘barriere’ della musica elettronica. Torino è stata, senza se e senza ma, un po’ più luminosa del solito, irradiata dalla ‘luce’ di Club to Club che poi in fondo, per citare il direttore artistico Sergio Ricciardone, è quello che fa da anni: “portare la luce al buio vuol dire anche realizzare uno show, accendere di vita uno spazio che fino a qualche ora prima era vuoto”.
Un festival ormai ‘rodato’, una certezza assoluta, ma sempre in grado di migliorarsi, di aggiungere tasselli importanti, di anno in anno, alla costruzione di una visione della musica elettronica e della fenomenologia culturale diversa, mai banale, arricchita di contaminazioni multilivello che lo inseriscono ad honorem nel filone Avant Pop internazionale. Un vero riconoscimento collettivo ed unanime dell’importanza di Club to Club per la città di Torino e per il panorama culturale italiano, consacrato addirittura dal supporto del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (diciamo che non è mai troppo tardi!) a dimostrare le potenzialità a tutti i livelli del festival. Ricercatezza, sperimentazione e vision avanguardistica sono solo alcune delle specialità del ‘menù alla carta’ di Club to Club, capace di riportare in Italia dopo ben sette anni l’eclettica performance di sir Richard David James in arte Aphex Twin, di aggiudicarsi le esclusive italiane di Jamie XX, Beach House, Blood Orange e Vessel.
Un #C2C18 capace di prendere due dei massimi compositori di colonne sonore per videogame (dovete farvene una ragione i videogame e tutto ciò che li circonda sono ormai frame culturali a 360°!) Yuzo Koshiro e Motohiro Kawashima e metterli a suonare in una piazza dove solitamente c’è il mercato teletrasportando tutti i presenti negli anni’90, nel bel mezzo di una partita di Streets of Rage. Senza dubbio Club to Club è in grado di muoversi su un filo d’originalità, cavalcare onde, energie ed interessi tra loro molto diversi fino a far sì che queste impattino per creare qualcosa di nuovo, per dare ‘nuova luce’ ai concetti. Ma soprattutto #C2C18 ha dimostrato l’importanza del dialogo, perché si, è ormai chiaro a tutti che bisogna parlare apertamente di queste modalità di fare arte, di creare cultura e di aggregare le idee per dare il giusto rilievo alla forza innovatrice nell’ambito culturale di eventi come Club to Club, per valorizzarli e misurarne l’impatto, come avvenuto nei diversi talks e workshop organizzati presso l’Hotel AC- Headquarters Symposium.
Noi di Doyoulike.org abbiamo potuto prendere parte alla serata conclusiva di sabato 3 novembre al Lingotto e all’evento collaterale “DIGGIN’ IN THE CARTS” presso la Tettoia dei Contadini del Mercato di Porta Palazzo, per un weekend di fuoco per cercare di essere anche noi “delle lucciole che stanno nelle tenebre”. Giunti a Torino dopo un lungo ed estenuante viaggio siamo passati all’Hotel AC-Absolute Symposium per il ritiro del badge e lì ci rendiamo subito conto che la città è tutta per Club to Club, una lunga via tappezzata di ‘bandiere’ recanti il logo del festival quasi ad indicare la via ‘per la luce’ e lì vicino, in una traversa, l’Hotel AC già un preso d’assalto da centinaia di persone, in un fermento di voci, suoni ed ottimi drinks nella splendida cornice della hall dell’albergo a far cogliere l’evidente hype creatosi intorno alla serata del sabato e al nome di Aphex Twin. Al nostro arrivo al Lingotto, il mastodontico dancefloor di #C2C era già gremito, preso d’assalto da fiumi di gente che imperversava nel lungo corridoio che unisce il Main stage e il Crack stage. Leon Vynehall nel più intimo Crack Stage e Blood Orange nel Main preparano la strada alla performance più attesa, più acclamata di Aphex Twin. Qualche drink prima dell’ora X della chiusura della vendita alcolici davanti ai movimenti, lenti e sensuali, dell’esclusivo debutto italiano di Serpentwithfeet quando notiamo il Crack stage svuotarsi e una ‘marea’ di gente spostarsi in massa verso il Main Stage. È arrivato il momento, tutto pronto, il dancefloor davanti al maxi palco del Main Stage è gremito, braccia in alto e cellullari in vista tutti pronti a testimoniare ‘l’arrivo da Marte’ di Aphex Twin che non si fa attendere. Intro lungo, sovente, a presagire che da lì a poco il sogno sarebbe diventato realtà, molto Ambient per mantenere l’atmosfera ‘onirica’ creatasi al Lingotto. Laser verdi e bagliori accecanti si disperdono tra il pubblico. È cominciato e durerà per le prossime due ore. Due ore emozionanti, due ore di cambi repentini, di suoni frantumati e poi magistralmente ricomposti nell’arco di pochi secondi, come d’altronde i generi mescolati e rimescolati in maniera disorientante come solo Aphex sa fare. Un viaggio tra sonorità pungenti, ‘nevrotiche’ ed ossessive che spaziavano dall’Acid, alla Jungle passando per impatti Glitch ed Ambient sino ad approdare ai 190 bpm scagliati improvvisamente sulla folla che hanno trasportato tutti in uno ‘squat londinese’ per un rave party alla vecchia maniera. Il tutto corredato dal video-mapping di Weidcore, che a cadenza regolare ‘sparava’ sugli schermi ai lati della consolle oltre che il viso diabolico di Aphex Twin anche volti conosciuti della cultura italiana scomponendoli e ricomponendoli in maniera ‘epilettica’ su quei suoni provenienti dallo ‘spazio’. E così dopo due ore di pura estasi e sbigottimento il live di Richard David James giunge al termine tra una pioggia di applausi scroscianti. Le redini del Main stage post-Aphex Twin sono passate al boss di Hyperdub, Kode9, che è riuscito a cavalcare l’onda del suo predecessore in maniera superlativa, mantenendo i riflettori accesi sul Main Stage fino a prima mattina, trascinando il pubblico in una baraonda sonora, cercando di confondere anche gli ultimi barlumi di lucidità del pubblico, riuscendoci a tutto tondo.
Domenica 4 novembre invece sempre Kode9 ha diretto magistralmente il “DIGGIN’ IN THE CARTS” con i due compositori giapponesi di soundtrack di videogames, Yuzo Koshiro e Motohiro Kawashima che sotto la Tettoia dei contadini, e sotto la pioggia, hanno fatto ballare ancora a colpi di suoni anni’90, vecchie melodie dimenticate, che abilmente ripescate portano alla memoria ricordi passati accostati a frammenti di futuro.
Questa edizione di Club to Club è stata quella dei numeri, dei grandi records ma anche della grande qualità. Può essere piaciuta come no, ma è innegabile riconoscere come una visione così ‘utopistica’ della musica e delle sue trasformazioni non sia da tutti, ma solo per i migliori. Senza dubbio #C2C si è affermato, e continua a farlo, anche nella scena internazionale come uno dei format italiani migliori degli ultimi venti anni. In una parola sola? Emozioni, quelle che riesce a dare Club to Club sono emozioni e non crediamo sia da tutti, solo i migliori ci riescono.
Il Club to Club è davvero una lucciola che sta nelle tenebre.