REPORT – Florence + The Machine, energia e qualità a Torino

a cura di Marika Palumbo

A chi non è mai capitato di avvertire la stanchezza durante un concerto? Di pensare che magari sia durato abbastanza e di sentirsi già appagati a metà del live? Credo sia successo a tutti e forse anche più di una volta, anche a me personalmente. Non succede, però, durante il concerto di Florence + The Machine in cui la voglia di continuare a vivere quel momento è stata insaziabile. Uno di quei momenti che vorremmo non finissero mai.

Florence + The Machine, gruppo britannico fondato dalla favolosa Florence Welch, si è esibito al Pala Alpitour di Torino lo scorso 14 febbraio, dopo le altre due uniche date italiane sold out a Milano e a Bologna.

Dopo i due epocali album Lungs (2009) e Cerimonials (2011), ne arriva un terzo, How Big, How Blue, How Beautiful pubblicato il 29 maggio 2015. Quest’ultimo da vita ad un tour mondiale che noi di doyoulike.org non potevamo perdere.

Lo spettacolare concerto che abbiamo seguito è quello di Torino, ultima tappa italiana.  Florence non compare sul palco per via centrali bensì lateralmente sfiorando tutti i fan delle prime file. Apre il concerto con What The Water Gave Me seguita da Ship To Wreck scatenando il pubblico continuamente incitato dalla sua inarrestabile grinta. Durante il concerto, Florence si dimostra carica, corre da una parte all’altra del palco, salta, balla, esegue pirouette. E il tutto senza abbassare minimamente il livello di esecuzione dei brani. La cantante si racconta e ci narra di come un giorno, dopo una serata movimentata, abbia immaginato di uscire dalla sua pelle per vedere le cose dall’esterno, da un altro punto di vista, in un periodo in cui si sentiva piena di rimorsi. Un momento memorabile in cui Florence ci regala come è nata la famosa ed emozionante Shake It Out.

Lo spettacolo continua e dopo Delilah è il momento di Sweet Nothing, noto brano in collaborazione con Calvin Harris, eseguito in una dolce versione e della famosa You’ve got the Love, accompagnata dalla splendida scenografia organizzata dai fan che hanno gonfiato dei palloncini bianchi a forma di cuore e acceso luci e accendini in suo omaggio. Ancora una volta l’artista si racconta rivelandoci  di aver trascorso parte della sua infanzia in Italia e di aver vissuto delle emozioni forti, intense, blu, felici e tutte bellissimi perché parte della sua vita. Molte di queste emozioni- ci svela- sono  racchiuse nel brano How Big, How Blue, How Beautiful, sensazioni che vuole regalare al pubblico presente. Aggiunge un’ultima considerazione prima di regalarci il brano che da anche il titolo all’album e mi è sembrato opportuno riportarlo letteralmente: “whatever you’re going through, this is your piece of blue sky”.

Subito dopo la celebre Cosmic Love, eseguita in acustico e accompagnata dall’inconfondibile arpa che caratterizza molti dei brani della band, e Spectrum, arriviamo alla carica esplosiva di Dog Days Are Over. Non è facile trovare le parole per descrivere quanto sia stato forte questo momento; una Florence più carica che mai, che salta più in alto possibile, che sorride ed incita il pubblico a saltare, ballare e divertirsi. E non solo! Chiede ai suoi fan di abbracciarsi, di amarsi e di togliere le maglie per sventolarle a tempo di uno dei brani più noti e…non ci siamo tirati indietro.

Dopo Dog Days Are Over un piccolo break permette al pubblico di riprendere fiato e dopo poco, la band riappare sul palco eseguendo gli ultimi due brani:  What kind of Man, primo singolo del nuovo album, e Drumming Song, brano non noto quanto altri ma che merita assolutamente di essere scoperto.

Ciò che colpisce, oltre all’energia positiva trasmessa dalla musica e dalla qualità della loro live performance è come questa band, nonostante gli 11 milioni di dischi venduti, riesca ad avvicinarsi così tanto al proprio pubblico. Vedere Florence dal vivo mi ha permesso di avere ancora più stima nei suoi confronti e verso tutta la band per musica, energia e umiltà.

Le mie aspettative per questo concerto erano molto alte.  Non credevo fosse possibile superarle.