REPORT – Il jazz di Kurt Elling incanta la Puglia

a cura di Valerio Rinaldi 

Nel IV secolo a.C. il filosofo tarantino Archita usava passeggiare con i suoi allievi tra gli alberi che si affacciano sul mar piccolo in Villa Peripato. Erano gli albori della civiltà e tutto ancora era da scoprire. Eppure già alcuni uomini fomentavano guerre  mentre altre  menti illuminate riflettevano sul senso della vita. 2400 anni dopo la situazione è la stessa. Abbiamo scoperto molte cose ma a quella domanda non abbiamo ancora dato una risposta. “The questions” è il titolo del nuovo album di Kurt Elling. I suoi pensieri alla deriva approdano sulla costa del Mar Piccolo tra quegli stessi alberi che hanno fatto ombra a guerrieri, filosofi, matematici e artisti. Lui come Archita prova a dare una risposta alla domanda. Interroga se stesso tramite le parole e i pensieri di menti note. Bob Dylan è il primo. La sua toccante prosa di “A hard rain’s a-gonna fall” viene smontata  e ricucita su misura di un sermone parlato sul quale poi entra in punta di piedi l’accompagnamento strumentale soft. Kurt usa le migliori parole di Dylan come incipit del suo viaggio : “I’ve been ten thousand miles in the mouth of a graveyard”.

Sono parole dure che evocano immagini cruente ma Elling vuole parlare dell’ amore come forza del bene che trionfa e dunque ci aggiunge il suo fresh touch rassicurante nell’interpretazione, inoltre è divertente sentirlo introdurre il secondo brano in un italiano dall’accento americano che sfoggerà a più riprese fino alla fine del live.
Questa è anche la seconda traccia dell’album, “A happy thought”. Il pianista della band Stu Mindeman è l’autore degli arrangiamenti tesi a musicare il poema dell’americano Franz Wright.
Il mood  è decisamente positivo a questo punto e si può continuare con “I have dreamed”, parole d’amore tratte dal musical The king and I e riarrangiate come tra gli altri si era cimentato prima anche Frank Sinatra.
Non è un concerto di Elling se non c’è una buona dose di scat, tecnica che lo ha reso famoso insieme alla sua estensione vocale di quattro ottave, portandolo ad essere acclamato come una delle voci maschili più belle del jazz mondiale. Frequenti nei suoi concerti sono le scat-battles ingaggiate a suon di note con i vari componenti della band, primo tra tutti il batterista di turno che in questo momento storico è Kendrick Scott. Tutto ciò serve come riscaldamento per uno dei brani più impegnativi e a mio avviso più belli di Kurt, “Samurai cowboy” dall’album del 2011 The gate. Una prova impegnativa che lui fa sembrare semplice e divertente. é inevitabile accompagnare con movimenti del capo il salire e scendere frenetico ma controllato della sua voce attraverso le note sul pentagramma, ed è questo uno dei momenti migliori per la band di improvvisare a ruota libera davanti ad un pubblico molto divertito.
Dopo la botta ritmica ci si ricompone con il blues di “A secret in three views”, rivisitazione di “three views of a secret ” di Jaco Pastorius che si era lasciato ispirare dal mistico Rumi.  Con orgoglio Elling ha annunciato “from my hometown, Chicago, Marquis Hill!”. Il trombettista ospite speciale della serata e del disco. Il suo tocco è magico e da qui in poi ha aggiunto una marcia in più alla parte strumentale. Sua la traccia “Endless lawns”.  Il brano ha seguito una parabola progressiva ascendente. è stato come la fase di decollo di un aereo di linea. Come i motori di un jet ogni strumento compresa la voce di Elling ha aumentato la sua potenza portando con se il pubblico in una salita verticale contro la forza di gravità e all’improvviso scomparso il rumore dei motori  solo la voce è rimasta ad illuminare come quando raggiunta la quota di crociera sopra le nubi il sole illumina i volti dei passeggeri accompagnato da quella sensazione di fluttuare nel vuoto. Il chitarrista storico di Kurt , John McLean nei suoi assoli muove le gambe sul posto come se stesse accompagnando fisicamente le note su e giù per le righe del pentagramma. Il contrabassista Clark Sommers è veloce e potente come il suo precedente. è il momento dei saluti e  ogni assolo strumentale viene incorniciato da Kurt con la presentazione dei membri della band che dopo l’inchino di gruppo possono congedarsi dal palco. Alla richiesta non troppo insistente del pubblico Elling rientra in scena solo dopo pochi minuti per salutare ancora e congedarsi definitivamente da gentleman tra gli applausi ma senza concedere il bis.
Dopo 12 edizioni il Locomotive Jazz Festival approda a Taranto per la prima volta e lo fa portando questo artista di spessore internazionale rispondendo al tema “la musica cresce nelle periferie”. Dove la politica non arriva a ridare splendore ad una città maltrattata lo fa la musica.