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Il cielo è sempre più blu, ma non ai comizi della Meloni
a cura di Arianna Semeraro e Martina Castronovi.
Che la musica possa fungere da mezzo politico e propagandistico per toccare gli animi dei potenziali elettori non è cosa nuova. Come dimenticare il video delle elezioni del 2018 che ha spopolato sul web, in cui una signora è ripresa mentre si commuove cantando a squarciagola “Meno male che Silvio c’è”? E chissà quanti non filo-berlusconiani, dopo essersi fatti qualche risata guardando questo fenomeno virale, hanno canticchiato questo inedito del 2008 di un tale Andrea Vantini per giorni, settimane, perché un merito dobbiamo riconoscerglielo, è orecchiabile. Ma questa è un’altra storia.
A poche ore dalla vittoria dei patriottici Fratelli d’Italia, invece, qualcosa sembra non essere andato a genio a Alessandro Gaetano, nipote del celebre Rino Gaetano, che, commentando le canzoni utilizzate dal partito capitanato da Giorgia Meloni durante gli innumerevoli comizi degli scorsi mesi, si è espresso in modo chiaro sulla questione: no all’utilizzo dei brani di Rino per scopi politici, qualsiasi essi siano e qualsiasi posizione (destra o sinistra) essi esprimano. Alessandro, diventato portavoce dell’opinione di tutta la famiglia Gaetano, ha infatti chiarito «Non è questione di destra o sinistra. È un problema di uso strumentale dell’amore che la gente ha per questo straordinario artista. […] Avremmo detto lo stesso se ad appropriarsene fosse stata la sinistra. E questo nonostante appartenesse a quello schieramento politico, iscritto al partito. A lui, in fin dei conti, la cosa che interessava è che dalla politica venisse fuori qualcosa di buono per il popolo.»
Un’ affermazione forte che ci ha fatto riflettere e che ci ha posto di fronte ad alcuni interrogativi. Può un artista come Rino Gaetano (che durante la sua carriera si è esposto più volte sulla situazione politica e sociale del nostro Paese) essere considerato davvero apolitico? E, più in generale, è possibile scindere la musica dal contesto politico contemporaneo? Si sa, le canzoni sono sempre state specchio della società e strumento di lotta ed espressione di posizioni ideologiche (condivisibili o meno) di diverso tipo. Dalla resistenza partigiana alla guerra in Vietnam, dalla Caduta del Muro di Berlino alla fuga dei profughi afgani, numerosi sono stati gli artisti elevati ad emblema dell’attivismo politico, Bob Dylan, John Lennon, De Andrè per citarne alcuni, eppure se Blowin’ in the wind non è e non potrà mai essere un inno a favore dell’invasione ucraina voluta e avviata da Putin un motivo ci sarà. Le domande ad oggi rimangono aperte ma è impossibile non notare la divergenza di posizioni tra il programma elettorale di Fratelli d’Italia e i testi impegnati di Gaetano.
Tra le colpe di Giorgia Meloni c’è sicuramente quella di essere un’abile cavalcatrice delle mode del momento e di sfruttare le preferenze dei suoi elettori per un mero tornaconto personale, dalla propaganda di «Sono una madre, sono una donna, sono cristiana!» (anche questa diventata una vera e propria hit da sabato sera) fino alle note felici e spensierate di Il cielo è sempre più blu e A mano a mano propinate sui social e nelle piazze italiane come jingle delle sue apparizioni sul palco. È il sentimentalismo la chiave di lettura della strategia comunicativa di Giorgia a cui, ormai si sa, piace rendere tutto un po’ drammatico e, diciamocelo, anche romanticizzato. Dai comizi in cui sbraita e gesticola continuamente, alle interviste in cui afferma di esser pronta, in qualsiasi evenienza, a prendere tra le sue braccia l’Italia come se fosse una figlia perchè «Cosa serve per governare al meglio un Paese? Beh l’amore!» viene da chiedersi chissà che posto avrebbe la Meloni in un’ Aida moderna di Rino Gaetano.
Questo nuovo governo fa paura, a molti. Ci auguriamo perlomeno che nei prossimi comizi di Fratelli d’Italia nessuno possa commuoversi e cantare a squarciagola le canzoni di Rino Gaetano. Giorgia, forse ci toglierai un bel po’ di diritti ma almeno lasciaci Rino. E smettila di urlare – Nuntereggae più.