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Le proteste contro la polizia religiosa iraniana passano anche da TikTok e hanno la voce di una canzone d’amore di Tom Odell
A cura di Arianna Semeraro
Ad un mese dalla morte della giovane Mahsa Amini le voci di protesta delle donne di tutto il mondo continuano a farsi sentire portando avanti una lotta fiera e decisa contro i soprusi della polizia religiosa iraniana.
Per chi non fosse aggiornato sulla vicenda racconteremo, in breve, che Mahsa Amini, originaria del Kurdistan, era una ragazza di 22 anni e come tante altre ragazze della sua età, lo scorso 13 settembre, era in vacanza a Teheran insieme alla sua famiglia e passeggiava per le vie del centro quando, ad un certo punto, è stata ammonita dalla polizia religiosa locale che, vedendo una ciocca di capelli fuoriuscire dal suo hijab (il velo obbligatorio introdotto in Iran nel 1979 dalla legge islamica ), l’ha condotta all’interno del proprio comando per una lezione di rieducazione sul corretto utilizzo del velo. Da quel momento in poi il silenzio spezzato solo dalle grida di dolore che suo fratello Kirash ha ascoltato fuori dall’edificio in cui Masha era stata portata per poi uscirne, molte ore dopo, in ambulanza. L’utilizzo del verbo al passato è necessario perchè dopo tre giorni passati in coma Mahsa non c’è più e le cause della sua morte rimangono sconosciute mentre lo Stato iraniano continua a sostenere la propria innocenza.
L’accaduto ha prodotto un’eco vastissima all’interno dell’opinione pubblica tanto da innescare azioni di protesta e di cordoglio in tutto il mondo. In Iran, in particolare, la lotta è scesa in strada diventando a tutti gli effetti il primo vero sollevamento popolare che, tuttavia, la polizia iraniana, in queste settimane, ha continuato a reprimere con violenza aggiungendo alla morte di Mahsa anche le morti di centinaia di civili innocenti. Eppure, la popolazione iraniana non sembra intenzionata a mollare la presa tanto che nella notte di sabato 9 ottobre la tv di Stato ha subito un attacco hacker e ha mandato in onda le immagini del leader Khamenei accompagnate dalla scritta «Sulle tue mani c’è il sangue dei nostri giovani».
Una lotta pacifica e simbolica ma allo stesso tempo irriverente e potente arriva invece dai social network e, più nello specifico, da TikTok canale di comunicazione prediletto dalle generazioni più giovani che, negli scorsi giorni, hanno utilizzato i propri profili come strumento di espressione e condivisione del loro supporto al caso Amini. Il social, in effetti, è stato letteralmente invaso da video di ragazze iraniane e non, intente a tagliare ciocche dei propri capelli durante le manifestazioni in piazza in segno di lotta contro i dettami del governo. La parte più emozionante di queste brevi clip riguarda sicuramente la canzone che accompagna il forte gesto del taglio e che sembra essere un grido malinconico di libertà e giustizia. Lo spezzone sonoro in questione è estrapolato da un concerto live di Tom Odell mentre canta, all’unisono con le sue fan, una delle sue canzoni d’amore più famose: Another Love. Nonostante la discrepanza tra il significato originario associato al testo del brano e il suo utilizzo corrente, l’impatto è intenso. «E se qualcuno ti ferisce voglio combattere, ma le mie mani si sono rotte più di una volta. Quindi userò la mia voce, sarò fottutamente rude, le parole vincono sempre ma io so che perderò. E canterò una canzone che sarà solo nostra ma le ho cantate tutte ad un altro cuore. E voglio piangere, voglio imparare ad amare ma ho esaurito tutte le mie lacrime». Un vero e proprio inno di lotta, resistenza e solidarietà, quindi, che unisce tutte le donne impegnate in questa battaglia fatta di soprusi, violenza e diritti negati.
La notizia, le immagini e i video diffusi online hanno prodotto una grande onda di condivisione e empatia che ha ispirato numerosi artisti in giro per il mondo e che ha dato vita a opere provocatorie e di grande impatto emotivo e visivo come quelle pubblicate di seguito.
Oggi, anche grazie a questi video, l’obiettivo è quello di creare consapevolezza, soprattutto nel mondo Occidentale, riguardo alle vessazioni che queste giovani donne sono costrette a vivere ogni giorno e che, invece, troppo spesso, rimangono in sordina offuscate da informazioni distorte e pregiudizi diffusi.