INTERVISTA – WILLIE PEYOTE: “C’è stato un bel ricambio generazionale ed era anche ora che succedesse…”

a cura di Gigi Salvemini

Classe 1985, Willie Peyote è un rapper torinese, uno degli artisti più interessanti e innovativi della scena hip-hop italiana. Innovativo perchè nei testi e nella musica di Willie Peyote non troviamo il classico stile rap ma con i suoi brani accattivanti, ironici ma allo stesso tempo di denuncia, ha attirato immediatamente su di sé l’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori. Ottima Scusa, singolo che ha anticipato l’uscita del nuovo album, nella settimana d’uscita è entrato direttamente al 1°posto della classifica Viral50 di Spotify. Sindrome di Tôret, uscito il 6 ottobre per l’etichetta 451 con distribuzione Artist First, si è subito rivelato un successo. Un successo replicato nelle numerose date del tour che continua ad essere incrementato da altri nuovi live.

Abbiamo conosciuto e intervistato Willie Peyote.

Dal 6 Ottobre 2017, data della pubblicazione dell’album “Sindrome di Tôret”, sono passati parecchi mesi. Ti aspettavi un successo simile? O meglio, è un album studiato per raggiungere la popolarità?

“E’ un album studiato per cercare di essere più accessibile sicuramente, per certi versi, a livello musicale. Ci avevamo pensato, ovviamente, a fare anche un disco che venisse ascoltato in questo momento storico, ma è un caso. Noi abbiamo fatto la musica che avremmo fatto comunque. Poi abbiamo cercato di prendere spunto dalla musica che funziona. E’ un po’ più pop per certi versi, ma è una scelta nostra. Non l’abbiamo fatto per vendere tanti dischi, l’abbiamo fatto perché ci andava.”

Nella tua musica è evidente l’influenza di grandissimi artisti italiani, un sound e una forma lirica che vanno da Battisti a Bruno Martino. Un paragone molto importante. Quanto è essenziale tramandare questa cultura e storia musicale alle nuove generazioni?

“Per me è fondamentale perché se non ci fossero stati loro io oggi non farei quello che faccio. La storia in generale andrebbe studiata con più attenzione, la storia della musica altrettanto. La nostra tradizione musicale italiana è comunque una tradizione importante e tutti dovremmo conoscerla, non per rifare le stesse cose ma solo per prendere spunto. Secondo me la tradizione canora italiana dovrebbe essere presa in considerazione e non solo nei grandissimi nomi. Appunto uno come Bruno Martino è un nome che non viene fatto spesso ma che ha fatto molto per la musica italiana e andrebbe riscoperto.”

Fai parte di quella “crew” di nuovi artisti italiani che sta prepotentemente irrompendo nella scena musicale nazionale. Qualche anno fa si parlava molto di fenomeni “indipendenti”. Ma si può parlare ancora di “indie”? Se si, secondo te, qual’è l’attuale stato della scena musicale indie italiana?

“Guarda, ti posso dire che ci sono progetti indipendenti ed altri che lo sono solo formalmente. Il mio progetto per esempio è un progetto indipendente perché noi non abbiamo un contratto discografico, siamo autoprodotti. Così come Coez ad esempio. Non tutti i progetti che rientrano nel calderone dell’indie sono progetti indipendenti. Escluderei il discorso sulla parola indie perché adesso vuol dire tutto e  non vuol dire niente. Ti dico che: c’è una nuova generazione di autori ed artisti italiani che fanno la musica leggera italiana e che finalmente han preso possesso delle classifiche e non solo degli ascolti su Spotify. Parlo appunto di Coez, o non so, di altri artisti che fanno dei numeri realmente importanti e che hanno spodestato i vari Ramazzotti o Ligabue. Sono contento perché c’è stato un bel ricambio generazionale ed era anche ora che succedesse.”

Torniamo al tuo ultimo album, un album che affronta il tema della libertà d’espressione e dei limiti della stessa. Cosa significa esprimere attraverso i tuoi testi un concetto attualmente così delicato?

“Significa in realtà non voler insegnare qualcosa agli altri, ma porre dei quesiti. Sviluppare un pensiero critico nell’ascoltatore. Fare in modo che le persone che ascoltano le mie canzoni si facciano delle domande che non si erano ancora fatti. Non devono poi arrivare alla risposta, l’importante è che si facciano delle domande. Perché avere il dubbio porta a migliorarti. Mentre vivere di certezze ti limita moltissimo. Questo è quello che cerco di fare, sviluppare un pensiero critico un po’ come fa la satira.”

Il tuo rap, lontano dallo stereotipo diffuso del rap, è riuscito a coinvolgere un pubblico molto ampio. Secondo te è una scelta che potrebbe rappresentare un’evoluzione della situazione rap italiana generale o del pubblico che lo segue?

“La mia musica è espressione della persona che sono io e delle persone che con me collaborano, quindi non credo sia mutuabile su altri progetti. E’ sicuramente un modo per approcciarsi alla musica in un modo diverso. E ho l’impressione che questa roba funziona. Faccio dei nomi di altri artisti: Coma_Cose ad esempio, anche loro hanno avuto un’ottima capacità di sintesi di diversi generi. O Frah Quintale. Secondo me quello che oggi conta davvero è la capacità di sintesi tra diversi generi. Viviamo in una società multidisciplinare e quindi tutto è mischiato. Ormai è una generazione cresciuta ascoltando tanta musica diversa e quindi abbiamo un riscontro più ampio rispetto alle generazioni precedenti.”

Il tuo tour ha registrato oltre 25 date sold out sparse in tutta Italia e finalmente è arrivata la data dell’8 Agosto al Sziget Festival in Ungheria. Che sensazione si prova, emotivamente e artisticamente parlando, essere nella line up di uno dei festival internazionali più importanti?

“Essere allo Sziget è una soddisfazione che non mi aspettavo di potermi togliere già quest’anno. Poi suoniamo la sera di Kendrick Lamar, quindi veramente incredibile per certi versi. Pensare di suonare nello stesso festival e la sera di Kendrick Lamar è comunque un evento per me. Non me l’aspettavo. Noi cerchiamo di lavorare per far si che la musica sia accessibile oltre i confini nazionali nonostante lo scoglio della lingua, quindi potrebbe essere un buon segno per sperare di portare dei progetti italiani anche all’estero. Secondo me non abbiamo mai approfondito troppo questo discorso sui mercati esteri e, nell’Europa del 2018, si potrebbe provare a fare un discorso: portare la musica italiana all’estero senza dover per forza tradurre i testi in Spagnolo ad esempio…”

Domanda secca con risposta motivata: streaming e download gratuito. Favorevole o no?

“Favorevole perché il fatto che la gente possa ascoltare la musica gratis fa si che molta più gente venga ai concerti. Mi piace il pubblico che c’è oggi. E’ un pubblico che partecipa, che va ai concerti. Ed è così perché la musica è gratis. Io sono assolutamente a favore dello streaming.”

L’ultima domanda non riguarda la musica. Recentemente sei stato sul palco del concerto del Primo Maggio e ti ho visto particolarmente coinvolto. Per cui ti faccio la stessa domanda che prima delle elezioni del 4 Marzo 2018 ho rivolto anche a Nitro. Cosa pensi dell’attuale contesto politico italiano? E qualora lo faccia, quanto condiziona la scena musicale?

“Noi oggi viviamo in un contesto di confusione totale. Di smarrimento. Di rifiuto delle istituzioni a prescindere. Il che è un po’ “trap” come approccio. Di avercela con la tradizione. Di rottamare tutto. E di dire no a tutto. A costo anche che qualcosa che fa schifo è uguale alle robe vecchie. Politicamente il Movimento 5 Stelle è molto “trap”. E anche la Lega è molto “trap”. Detto ciò c’è grossa confusione e secondo me non sempre questo tipo di approccio può aiutare. Cercare di prendere quello che di buono c’è stato in passato, come ti dicevo prima, sarebbe meglio che azzerare tutto. Però quello che vedo oggi è un contesto di grossa confusione a livello nazionale. Non credo influenzi la musica. Ma è la società stessa che è in grande confusione. Tutti parliamo troppo. Nessuno sta mai zitto ed è ovvio che c’è confusione in questo caso. Abbiamo assistito alla peggior campagna elettorale da quando esiste la Repubblica, quindi direi che tutto dimostra che c’è grossa confusione. Quello che stanno facendo Lega e 5 Stelle per cercare di formare un governo è abbastanza assurdo. Insomma ci sono tante cose un po strane. E’ un momento delicato, ecco.”